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Ranieri e i fatturati

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Fra gli effetti collaterali della straordinaria epopea Leicester,  c’è il dibattito tutto italiano sulla ripartizione dei diritti tv che, notoriamente, è sproporzionata ed è fonte del divario economico fra le Grandi e le Piccole. Nel 2015, il Leicester ha registrato fatturando circa 135 milioni di euro, oscillando attorno ai livelli del Napoli: 98 milioni di euro da diritti tv, 26 milioni da ricavi commerciali, il resto dal botteghino. Le Foxes hanno uno stadio di proprietà e vantano una media di 32 mila spettatori  che in serie A equivalgono alla sesta ossigeno nella classifica degli impianti più affollati.  Ricordato che il proprietario del Leicester è un signore thailandese dal cognome impronunciabile, Vichai Srivaddhanaprabha, ma dalla disponibilità finanziaria conclamata, è importante notare come il 70% dei ricavi delle Foxes scaturisca dai diritti tv, che in Inghilterra vengono redistribuiti secondo criteri molto più equilibrati rispetto all’Italia.

La legge Melandri, attualmente in via di revisione da parte del governo, stabilisce: 40% diviso in parti uguali, 30% sulla  base del bacino d’utenza, 30% legato ai risultati. Nel triennio 2015-2018, la Serie A incassa 1 miliardo e 169 milioni dai quali bisogna detrarre la percentuale che spetta a Infront (50,4 milioni), i premi per la Coppa Italia, il 10% alla mutualità e il paracadute per le retrocesse, restano 924,3 milioni.

Al termine di questa stagione, ad ogni club spetta una quota fissa uguale per tutti (18,4 milioni). A due giornate dalla fine, la simulazione dei piazzamenti attribuisce alla  Juventus 103 milioni di euro; a Carpi e Frosinone, 22 milioni di euro. Nel 2015, 94 milioni andarono alla Juve, 76 milioni a Inter e Milan, 62 milioni al Napoli, 60 milioni alla Roma,  17,9 milioni all’Empoli.

In Inghilterra, il sistema funziona così.  La Premier è una società per azioni, i club ne sono soci, il management viene giudicato sulla base dei risultati che ottiene: se non funziona, va a casa. Dalle tv, la Premier incassa tre volte di più rispetto alla Serie A.

Nel triennio 2016-2019, i club hanno incassato 10,9 miliardi di euro, di cui 4 per l’estero, circa 3,6 miliardi a stagione. In Inghilterra, la percentuale di riempimento degli stadi è del 95,9%, in Italia del 48,8%. Il 50% dei diritti nazionali e il totale di quelli internazionali vengono suddivisi in parti uguali, il 25% in base al numero dei passaggi in tv con una quota paritaria per le prime 10 partite. Il restante  25% dipende dalla classifica finale: in Inghilterra, una posizione in più vale 1,7 milioni di euro, in Italia 200 mila euro. Tutto ciò significa che ogni club, grande o piccolo che sia, può contare su 75 milioni garantiti a stagione: diventeranno circa 115 nella prossima. L’anno scorso, il Leicester che non ha partecipato alle coppe europee, ha incassato più della Juve. Il Qpr, fermo a 89 milioni, in serie A sarebbe stato il secondo club quanto a introiti televisivi.

La grandezza dell’impresa di Ranieri risiede anche nel divario fra il fatturato United (553 milioni) e quello delle Foxes, quasi quattro volte inferiore. Dove si dimostra che non sempre chi più spende più vince.

 

x.j.


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